Massimo Rocchini // Yamaha Motor R&D Europe
Laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università di Pavia, ha sviluppato esperienze e competenze specifiche in diversi settori industriali. Ha iniziato la sua carriera professionale come progettista di sistemi aerospaziali e biomedicali. Successivamente, dopo l’ingresso in Magneti Marelli come Capo Progetto dei Sistemi Informativi di Bordo Veicolo, ha assunto responsabilità crescenti in ambiti differenti come la Produzione, gli Acquisti e l’Organizzazione. Ha concluso la sua esperienza in Magneti Marelli come Responsabile delle Applicazioni Cliente della Divisione Motorsport gestendo, a livello tecnico-commerciale, i vari clienti di Formula 1 (Ferrari, Toyota, Sauber, Minardi, ecc…), di MotoGp (Yamaha, Ducati, Kawasaki) e dell’allora nascente mercato americano (Indy Racing League, Cart, AMA). Da 12 anni è il Direttore del Personale ed Amministrazione della Yamaha Motor R&D Europe, società del Gruppo Yamaha Motor Company che ha la missione di sviluppare motoveicoli principalmente per il mercato europeo.
La curiosità ed i molteplici interessi in vari settori non solo industriali, gli hanno consentito di percorrere una carriera professionale non particolarmente canonica che si è sviluppata attraverso molteplici esperienze manageriali in contesti e funzioni anche molto diversi fra di loro.
Tale esperienza gli ha fornito l’opportunità di doversi relazionare ed interagire con persone con retroterra culturali ed educazione molto differenti consentendogli quindi di sviluppare una particolare conoscenza ed una visione d’insieme non comune di ciò che si può definire l’animo umano. Come Direttore del Personale è attualmente impegnato, in prima persona, ad identificare, comprendere e gestire le attitudini (soft skills) dei propri collaboratori nella certezza che tali aspetti sono decisivi per il comportamento delle persone e, come conseguenza, per il successo di un’azienda.
Ci separano pochissime ore dal nuovo attesissimo evento gratuito “PICCOLE IMPRESE GRANDI PROBLEMI” in programma giovedì 16 febbraio, alle ore 19, presso la Sala “Leonardo Da Vinci” della Torre di Marciano della Chiana (mappa). L’incontro, promosso dalla società di consulenza “STC Change strategies” con la collaborazione di Cambiamenti Aziendali – e con il patrocino del Comune di Marciano della Chiana –, avrà per protagonisti Massimo Rocchini Senior General Manager di Yamaha Motor R&D Europe e la Problem Solver Strategica M. Cristina Nardone, CEO di STC Change Strategies.
L’argomento del dibattito, su cui i due manager si confronteranno, si concentrerà sul tema delle soft skills – ovvero tutte quelle capacità che tengono conto delle qualità personali, delle abilità nell’ambito delle relazioni interpersonali, della leadership, del teamwork, dell’efficacia relazionale e del problem solving – e, in particolar modo, tenterà di indagare l’influenza che, le cosiddette “competenze trasversali”, hanno nei contesti aziendali con un’approfondimento dettagliato sulle piccole e medie imprese che, come sappiamo, svolgono un ruolo di fondamentale importanza per il tessuto economico italiano.
Nell’intervista esclusiva, che ci ha rilasciato Massimo Rocchini, abbiamo tentato di chiarirci le idee riguardo a questo tema ripercorrendo, attraverso il suo racconto, le tappe più significative della sua trentennale carriera, coronata da importanti traguardi raggiunti nelle più prestigiose società motociclistiche al mondo.
D: A chi è rivolto l’evento gratuito che la vedrà coinvolto, al fianco di Cristina Nardone, giovedì 16 febbraio?
R: L’incontro è legato al tema delle soft skills, le cosiddette competenze trasversali. È un argomento che, a mio parere, è direttamente connesso alle PMI ma in generale riguarderà ogni tipologia di impresa: dalla più piccola alla più grande. Negli ultimi anni il livello di attenzione da parte degli imprenditori, dei manager e dei direttori del personale si è molto alzato. Ho notato una maggiore presa di coscienza e una maggiore sensibilizzazione rispetto a questo argomento, che voglio sottolineare, è essenzialmente legato al modo di comportarsi e al modo di lavorare delle persone. È evidente che più l’azienda è piccola e meno semplice sarà attenuare i comportamenti delle persone che non sono entrate in sintonia con quello che è la mission. Nel mio speech vi racconterò, prendendo spunto dalla mia esperienza, le metodologie per arginare certe attitudini.
D: Come si è evoluto il bilanciamento tra soft skills e hard skills negli ultimi tempi?
R: Per rispondere a questa domanda prenderò come esempio la mia personale esperienza in Magneti Marelli quando, alla metà degli anni 90, occupandomi del personale e in particolare dell’organizzazione della direzione centrale, emerse l’esigenza di fare una valutazione delle competenze, prettamente tecniche, del personale che lavorava in una delle aziende del gruppo, che si occupava di sviluppare prodotti di alta tecnologia. L’amministratore delegato, mi ricordo, era un po’ preoccupato di quelle che erano le competenze dei propri ingegneri e quindi chiese a noi dell’organizzazione di dargli una mano. Fu questa richiesta a produrre, in me, lo stimolo per iniziare a fare un’analisi specifica e abbastanza rigorosa di quelle che erano le competenze – intese soprattutto come competenze tecniche –. In altre parole: la capacità di saper fare. Nel proseguo, mi resi conto che, applicando questo metodo, nelle interviste ai vari responsabili divisionali (nelle quali definimmo ruoli, attività e competenze), emersero sempre più non solo la preparazione tecnica, ma quelle che successivamente, inglesizzando il termine, furono definire soft skill, ovvero capacità di sintesi, di analisi e di ascolto.
D: Questa metodologia le è servita anche nella sua attuale posizione in Yamaha Motors Europe?
R: Certo, ho sviluppato questa attività anche nella mia attuale occupazione in Yamaha, facendo però una certa distinzione tra quelle che sono le competenze tecniche da quelle attitudinali. Da un punto di vista prettamente operativo, avendo creato l’azienda praticamente da zero, abbiamo assunto tra il 2005 e il 2007 un centinaio di persone e la mia particolare attenzione, come direttore del personale, era legata principalmente a capire, intervistando i candidati, quale fosse la loro essenza, la loro modalità di comportamento e la loro capacità di ascolto. Da lì, appunto, abbiamo poi sviluppato le analisi e i metodi che poi vedremo nel dettaglio giovedì 16 febbraio.
D: Parliamo di talento: come è possibile riconoscere il proprio?
R: A livello personale, riconoscere i propri talenti, ritengo sia un’analisi estremamente in prospettiva, certamente non semplice, in cui una persona deve cercare di prendere coscienza innanzitutto di chi è e di quali sono realmente le sue passioni, ma soprattutto quali sono le cose che lo stimolano veramente. Non è sempre semplice, poiché siamo condizionati da un tipo di società che amplifica in maniera esagerata il successo e tutte quelle professioni in cui, con poco sforzo, si ottiene moltissimo (in termini economici) e questa condizione, a mio parere, è potenzialmente nociva. Soprattutto per i più giovani.
D: In fase di assunzione come riuscite a riconoscere un “vero” talento?
R: Riconoscere quali sono i talenti in fase di assunzione purtroppo è praticamente impossibile. Da alcuni anni, con i miei collaboratori Yamaha, abbiamo strutturato questa modalità: nel primo colloquio, con l’aiuto di una società esterna, viene definita una short list di 4-5 possibili candidati. Il secondo colloquio, il primo in Yamaha, lo facciamo fare normalmente al responsabile della divisione o al responsabile tecnico e successivamente, nella seconda parte, normalmente ce ne occupiamo noi della funzione. Il nostro obiettivo non è investigare su quali sono le competenze tecniche della persona – ovvero la sua capacità di saper fare – ma capire quali sono le sue attitudini – ovvero cercare di capire se davanti abbiamo un candidato che si sa spiegare, che è in grado di ascoltare e di sintetizzare un concetto –. Ripeto: nonostante due o tre colloqui molto approfonditi, in questa fase, riuscire a capire quali sono i veri talenti delle persone è estremamente difficile.
D: In sintesi, cosa ricercate in un candidato?
R: Il nostro obiettivo è quello di riuscire a determinare quali sono le persone che hanno un comportamento, che noi definiamo: “più normale”, ovvero quei candidati che si pongono nei nostri confronti con una certa normalità senza voler pretendere di essere dei geni e che, al tempo stesso, non si dimostrino, al contrario, persone che hanno solo da imparare. Ricerchiamo persone equilibrate.
D: Quale consiglio si sente di dare a tutti quei giovani che sono alla ricerca di un percorso di studi che gli possa assicurare un lavoro?
R: Oggi siamo in una situazione in cui, soprattutto per i ragazzi che escono dall’università – quindi parliamo di neolaureati –, riuscire a trovare un’occupazione che possa permettere un minimo di sostentamento per impostare la propria vita, è qualcosa di veramente complicato. Spesso mi è stata chiesta questa domanda da amici e parenti: «quali sono oggi le facoltà che garantiscono una miglior velocità di occupazione?».
D: Lei cosa le ha risposto?
R: Il mio pensiero è che forse oggi non ce ne sono. Il consiglio che rivolgo a tutti i giovani, che stanno per intraprendere un percorso di studio, è quello di non pensare a quello che sarà dopo. Impegnatevi piuttosto a ricercare una disciplina che sia coerente con quello che è la vostra essenza, cercate di capire cosa vi interessa veramente. Se riuscirete in questo intento, probabilmente, quelle che saranno le condizioni economiche e di mercato di assunzione future non vi metteranno in difficoltà.
D: Quale consiglio si sente di dare, invece, a coloro che sono alla ricerca di una professione che li soddisfi?
R: Anche per loro, secondo me, la cosa fondamentale è quella di cercare sempre di essere coerenti con se stessi. Il mondo del lavoro è molto diverso dal quello scolastico.
D: Per quale motivo?
R: Il mondo del lavoro, molto spesso, non premia in tempo reale il merito come succede all’università, dove se studi, passi l’esame con un bel voto. Per questo ricordo a tutti i ragazzi, che sono appena entrati nel mondo del lavoro, di non demoralizzarsi: cercate di continuare ad avere sempre autostima e credete fermamente in voi stessi. I risultati, prima o poi, arriveranno. Magari in tempi un po’ più lunghi. Ma con l’impegno e la caparbietà quel successo tanto desiderato non tarderà ad arrivare. Forse non sarà eclatante, come spesso i media ce lo vogliono far apparire, però sarà molto stimolante per la vostra carriera e per il vostro futuro.
D: Nella commedia “Amici Miei” il personaggio Perozzi – interpretato magistralmente da Philippe Noiret – si domanda, durante una “zingarata” (in una delle scene più esidaranti della trilogia), cosa è il genio. La sua risposta è spiazzante: fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione. Lei è d’accordo con questa definizione?
R: Sinceramente non me la sono mai posta questa domanda quindi rispondere, così sui due piedi, non è semplice. Credo che la risposta che si è dato “Perozzi” mi trova abbastanza d’accordo (ride, ndr). Il genio probabilmente è quel tipo di persona che, prendendo coscienza di quelle che sono le sue attitudini, riesce a trasferirle nella propria vita. Un esempio che mi viene alla mente è forse la personalità più geniale di tutti i tempi: Albert Einstein. La sua capacità è stata quella di individuare la sua più grande passione e puntare tutto su di essa, rendendola la colonna portante della sua esistenza.
D: Oggi i servizi di placement e di continuos learning, nel campo della consulenza, vanno per la maggiore. Quanto conta, dal suo punto di vista, l’attitudine all’apprendimento continuo?
R: In realtà l’attitudine all’apprendimento continuo è quello che noi in Yamaha sintetizziamo, in maniera più generale, come una certa “umiltà di base”. Quest’ultima è quel tipo di requisito che ci permette di prendere coscienza di noi stessi, degli altri e di conseguenza di migliorarci. Questa, per quando mi riguarda, è una delle caratteriche che ritengo più rilevanti ed è un’attitudine che francamente credo di aver sempre avuto. La reputo fondamentale.
D: I partecipanti cosa si devono aspettare dall’evento organizzato da STC Change Strategies con la collaborazione di Cambiamenti Aziendali?
R: Per l’incontro ho preparato un elenco di presentazione di tutte le attività che ho svolto in questi anni, grazie all’opportunità che mi è stata data, nelle varie aziende in cui ho prestato servizio. Io credo che i partecipanti, attraverso questo evento, potranno farsi un’idea di quali possono essere le metodologie che permettono ai manager e agli imprenditori di oggettivare quelle che sono le loro sensazioni sulle persone. Il mio tentativo sarà quello di illustrare al pubblico come, in altre realtà più o meno complesse, sia stato possibile mettere in pratica questi strumenti.
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