“Il quotidiano vivere all’interno di un ospedale è frenetico, si corre dietro e contro al tempo; si assiste, si cura, si consola, si ascolta, si è protesi verso gli altri e i loro bisogni.
Tutti chiedono qualcosa: pazienti, parenti, personale, servizi, direzione.
Si è per la maggior parte del tempo in modalità reattiva ricercando risposte da dare e inseguendo problemi da risolvere, fino ad affrontare il problema della morte, che non è solo un problema di familiari, parenti e amici, ma spesso diventa un problema anche per chi, seppur apparentemente in modo distaccato, la affronta nel lavoro quotidiano.
Percezione comune, seppur con pesi differenti in base a ruoli e competenze, è quella di sentirsi come svuotati alla fine di una giornata, percependo soprattutto la fatica della relazione continua con l’altro, e a volte il peso della comunicazione quando questa è fatta di incomprensioni e malintesi.
Spesso si trova nel lamento, l’espressione comune di insoddisfazione e di incapacità di reagire o non reagire alle proprie difficoltà.
Non si pone la dovuta attenzione alle sensazioni di base percepite come la rabbia che, se socializzata, non può fare altro che prendere forza.
“Per modificare un’abitudine,
ne dobbiamo costruire sopra una più forte.”
Maria Cristina Nardone
Ciò che ognuno costruisce nel proprio quotidiano dipende da fenomeni interni a noi stessi, più che da ciò che accade al di fuori di noi: la conseguenza è che, se non guardiamo con occhi attenti come funzionano i meccanismi che creano l’insoddisfazione e il lamento, saremo noi stessi gli artefici di ciò che poi subiremo nel tempo”.
Da molti anni vivo questo quotidiano frenetico in Ospedale come Infermiere e come Coordinatore Infermieristico negli anni più brutti della Pandemia, qui è difficile osservare il “disordine” perché la nostra mente ordinaria adora dare senso alle cose. Si seguono protocolli, si gestiscono matrici di turni si parla di “risorse umane”. Procedure, Istruzioni operative, si fanno calcoli, si compilano cruscotti gestionali di dati. Si è molto abili a trovare cause e colpevoli, si, trovare cause e colpevoli è la nostra specialità in una logica del “perché”.
Oggi, ho scelto, ho dato spazio al “caos”.
Ho dato ascolto al lato creativo, finalmente dopo anni di rigore e poca flessibilità, ho dato ascolta alle emozioni.
“Il rigore da solo è la morte per asfissia, ma la pura creatività è follia”, affermava Gregory Bateson.
Ho ritrovato il giusto EQUILIBRIO, come un funambolo alla ricerca del suo, per non cadere.
Il cammino è proprio questo, un continuo perdere l’equilibrio per poi fare un passo avanti e recuperarlo.
Oggi mi chiedo: “come funziona” che sono felice?
Non sono felice perché non ho problemi, ma sono soddisfatta ogni giorno sempre più, perché ho la CONSAPEVOLEZZA di conoscere “come funziono”.
Come dice Maria Cristina Nardone: tutto ciò che ho sempre desiderato, era dietro alle porte delle mie paure, e così ho imparato a superare le mie paure, a conoscere le mie emozioni e gestirne il mio caos.
Adesso anche le onde del mio mare in burrasca sembrano più ordinate.
“Divenire Infermiere strategico, significa saper riconoscere e gestire le emozioni senza subirle, agendo nel quotidiano e divenendo protagonista dei “cambia-menti”.
Proprio come il pedone sulla scacchiera, che svolge il proprio lavoro con costanza ed umiltà, ma diventando sempre più consapevole e motivato in vista di una crescita personale e professionale.
Apprendere l’arte di superare ostacoli ed un nuovo Mindset, aggiungendo nuove competenze alla cassetta degli attrezzi che ogni professionista sanitario dovrebbe avere, al fine di migliorare la performance ed il proprio benessere lavorativo”.
Parti di testo tratto da: L’Infermiere Strategico.
Saggi di Counsel Coaching Strategico
Collana diretta da Maria Cristina Nardone
Edizioni Mind
Nardone Model COUNSEL COACHING STRATEGICO ® 35, 41, 44 ( Nice Classification )
(Copyright © di M. Cristina Nardone)
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