Saper gestire lo stress è una abilità fondamentale in ambito professionale ed è pertanto una delle “soft skills” che influiscono maggiormente sulla produttività di un’azienda.
In particolar modo, a causa della possibilità di contagio degli stati stressogeni. Infatti, uno studio del Max Planck Institute for Cognitive and Brain Sciences di Lipsia e dell’Università di Dresda, ha dimostrato che esiste lo stress empatico. I ricercatori hanno scoperto che lo stress vissuto da persone vicine conduce ad essere stressato anche chi prima non lo era.
Ne consegue l’importanza che ha la gestione dello stress in ogni strato della gerarchia aziendale. Impariamo, quindi, ad utilizzare un “semplice” stratagemma strategico per iniziare a sbloccare la situazione stressante.
Ma spieghiamo prima come funziona lo stress.
Lo stress rappresenta una qualsiasi “pressione aspecifica” a cui un organismo è sottoposto dagli eventi della vita. Tale pressione modifica l’omeostasi (equilibrio) dell’organismo, il quale attiva immediatamente delle risposte adattive per ottenere una nuova omeostasi. Queste reazioni possono essere emotive, neurologiche, ormonali, immunologiche. In definitiva, l’organismo si attiva al fine di raggiungere un nuovo stato di equilibrio e di benessere.
Questo meccanismo, detto eustress o stress buono, è fondamentale per il funzionamento dell’essere umano, perché conduce a migliorarsi e ad attivare modalità di problem solving. Quindi essere sottoposti gradualmente a pressioni adeguate è altamente funzionale.
È chiaro a questo punto che lo stress non è insano di per sé, ma diventa disadattivo quando la persona non è più in grado di gestirlo.
L’incapacità di gestire lo stress aumenta quando l’agente stressante, o stressor, oltrepassa la nostra soglia di “resistenza”, producendo sofferenza a livello psichico e somatico. Lo stressor può essere acuto, quindi di forte intensità (es: trauma), o cronico, di lunga durata nel tempo (es: mobbing).
L’erronea o la mancata gestione dello stress può dipendere dal fatto che:
A questo punto è evidente che, paradossalmente, più ti arrovelli nel trovare una soluzione e meno la trovi. Pertanto, sarebbe altrettanto inutile e disfunzionale continuare a pensare secondo una logica ordinaria di causa-effetto. Ovvero, ho un problema cerco una soluzione.
Prova, quindi, ad invertire il paradosso:
<< Pensa a come potresti peggiorare volontariamente la situazione, invece che migliorarla. Cosa potresti fare o non fare, pensare o non pensare per fallire deliberatamente nel tuo intento? >>
La tecnica del “come peggiorare”, basata su una logica non ordinaria, risponde allo stratagemma
se vuoi drizzare una cosa, impara prima tutti i modi per storcerla di più.
Così, in maniera del tutto naturale, escludendo le opzioni fallimentari, troverai la soluzione senza averla cercata.
Per approfondimenti:
Cortisol Increase in Empathic Stress is modulated by Social Closeness and Observation Modality, 2014, Engert V., Plessow F., Miller R., Kirschbaum C., Singer T., Psychoneuroendocrinology.
Change. La formazione e la soluzione dei problemi, 1974, Watlawick P., Weakland J.H., Fisch R., Astrolabio, Roma.
Che le lacrime diventino perle, 2016, Meringolo P., Chiodini M., Nardone G., Ponte alle Grazie Ed.
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(Copyright © di M. Cristina Nardone)
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