“L’illusione più pericolosa è che esista soltanto una unica realtà”
“Ogni sistema che abbia trovato un proprio equilibrio, tende a mantenerlo,
resistendo agli stimoli di cambiamento”
Paul Watzlawick
Creare e gestire il cambiamento è il tema che accomuna la maggioranza dei contesti professionali e organizzativi. Cambiano i mercati, le strategie dell’azienda, cambiano le modalità di organizzazione del lavoro, cambiano le tecnologie, cambiano le competenze necessarie per lavorare e raggiungere i propri obiettivi. Di conseguenza a tutto ciò, si richiede alle persone di adottare strategie o modalità di lavoro differenti o ancora di utilizzare programmi diversi da quelle adottate fino a quel momento, in altri termini, di uscire dalla propria zona di confort.
Per quanto alcune persone siano predisposte al cambiamento, esse faticano comunque a sovvertire le abitudini consolidate e a modificare i propri punti di vista, spesso strutturati nel tempo, per lo più come istintivo meccanismo di stabilizzazione e garanzia dell’equilibrio personale. Altri ancora, maggiormente resistenti al cambiamento si intrappolano in una spirale di problemi che auto alimentano senza neppure rendersene conto.
E’ noto che portare le persone a sovvertire una abitudine, a modificare il loro comportamento e a cambiare le loro idee è compito davvero arduo.
Per questo, di resistenza al cambiamento muoiono ogni giorno gli intenti più nobili, non importa quanto sensate siano le proposte che si fanno. Ma se osserviamo la dinamica psicologica del cambiamento, scopriamo qualcosa di molto interessante: siamo tutti estremamente disponibili a mutamenti che “percepiamo” come privi di rischio e migliorativi della nostra condizione; opponiamo, invece, una resistenza tenace a quei cambiamenti nei quali percepiamo dei rischi o degli aspetti di peggioramento del nostro status.
Tutto sommato è logico che sia così: opporre resistenza a quei mutamenti avvertiti come rischiosi o scarsamente conosciuti, appare del tutto naturale. Questo ci dice che la nostra “percezione” gioca una parte cruciale nella dinamica dei cambiamenti. Infatti, come scriveva Epitteto, nel suo aforisma insuperato per pregnanza, “non le cose stesse ci disturbano bensì le opinioni che noi abbiamo delle cose”.
Permetteteci di farvi un esempio. Anni fa, durante uno dei tanti convegni svolti da Giorgio Nardone insieme a Paul Watzlawick, gli fu presentato il caso di una persona che batteva le mani continuamente. Il suo psichiatra lo introdusse dicendo: “Vedete lui ha questo grave disturbo, batte le mani. Solo quando dorme non le batte”. Poi chiese al paziente “Spiega ai due professori perché tu batti le mani” e lui rispose: “Per scacciare gli elefanti”. Lo psichiatra commentò: “Ma in Germania non ci sono elefanti” e lui ribatté velocemente: “Certo, perché io batto le mani e funziona”.
Questo caso può apparire inadatto ad un contesto aziendale, ma solo agli occhi di chi non ha chiaro che le aziende sono fatte di persone, con tutto il loro bagaglio di complessità, credenze, convinzioni e autoinganni, ma siamo certi che spieghi bene un concetto: molti dei problemi che costruiamo e subiamo, sono determinati dalle nostre convinzioni e non tanto dalle nostre azioni, perché le nostre azioni sono determinate da convinzioni. Già Leonardo da Vinci diceva : “Nulla ci inganna più dei nostri giudizi”.
Inoltre, a nessuno piace avere a che fare con i problemi e questo è il motivo per cui molte persone non solo rimandano all’infinito la soluzione, come se aspettassero tempi migliori, ma in alcuni casi addirittura fingono di non vederli.
In molte aziende, ad esempio, il management, che invece dovrebbe pianificare o identificare i cambiamenti rilevanti (mutazioni) che si manifestano nell’ambiente interno ed esterno, ed avviare per tempo i programmi necessari ad accompagnarli, si comporta come il gruppo di musicisti del film il Titanic che decisero di continuare a suonare anche mentre la nave stava colando a picco. In altri termini, fingono che i problemi non esistono, ma, più si finge che non esista alcun problema, oppure si rimanda la sua soluzione, più questo si ingigantisce e rischia di schiacciarci. Ecco perché la prima regola del Problem Solver Strategico è “evita di evitare”, ovvero, se scorgi un problema cerca di affrontalo subito poiché sono veramente rari i casi in cui un problema si risolve da sé.
Pertanto, se la resistenza è naturale e ragionevole, per aggirarla ed introdurre il cambiamento, si rende necessario il ricorso a strategie e a modelli che vadano oltre ai limiti delle “logiche classiche e ordinarie” con soluzioni alternative, COMUNICATE ED AGITE, inducendo nella persona o nei gruppi una percezione di vantaggio in ciascuno dei suoi tre livelli: cognitivo, emozionale e comportamentale.
Porre attenzione agli schemi di pensiero che animano le idee e i sentimenti, fare attenzione alle interazioni che legano le persone, più che focalizzarsi sui macchinari, sul nuovo programma tecnologico: è ciò che fa la differenza tra imprese di successo e quelle che falliscono.
Fatta questa premessa penserete che il Gruppo Nardone si occupi di emotività, di dilemmi etici, di fattori psico sociali. No ! ci occupiamo di fattori economici – umani e di creare e gestire il cambiamento in modo strategico.
Non a caso, anche il famoso economista John Maynard Keynes ci ha messo in guardia contro la teoria classica secondo cui solo la perfetta razionalità guida il comportamento economico; al contrario, diceva: <anche la natura umana, sotto forma di tendenze psicologiche influenza le nostre azioni. Sono gli “spiriti animali” e da essi bisogna ripartire >.
Anche le aziende, come le persone che ci lavorano, nascono, crescono, si ammalano, soffrono. Hanno bisogno di cure, o meglio di soluzioni strategiche, per uscire da situazioni difficili o per gestire le delicate fasi di cambiamento che oggi sono sempre di più una costante.
Utilizzare o acquisire conoscenze più approfondite sui singoli fattori che influenzano il cambiamento è essenziale per costruire strategie che garantiscano il coinvolgimento delle persone durante il cambiamento e ne prevengano il suo potenziale fallimento.
Ne deriva quindi che un intervento orientato al risolvere problemi e allo sviluppo delle risorse e del talento personale debba prevedere, oltre ad effettive soluzioni, l’individuazione di eventuali blocchi o impedimenti capaci di invalidare il pieno esprimersi sia del soggetto che delle strategie e di pregiudicare perciò il successo.
Quindi in uno scenario in cui aziende ed organizzazioni si trovano in modo pressante a dover affrontare e sostenere cambiamenti culturali, a progettare nuovi assetti organizzativi per rispondere a esigenze di mercato che cambiano in continuazione, l’utilizzo di una corretta comunicazione strategica nella sua duplice possibilità, esplicativa e persuasoria, unita alle capacità di Problem Solving e Coaching Strategico, risultano essere gli strumenti fondamentali in ogni ruolo aziendale, per aumentare flessibilità e adattabilità, poiché tali abilità specifiche permettono di superare gli ostacoli, abbattere le resistenze per vincere con successo le sfide emergenti e raggiungere gli obiettivi prefissati.
Ci vuole un nuovo modo di pensare per risolvere i problemi
prodotti dal vecchio modo di pensare
(A. Einstein)
Disquisire di strategie o di problem solving in azienda non è certo una novità, nel mondo delle organizzazioni. Quello che intendiamo proporre qui al lettore non è un’ulteriore teoria forte o un nuovo modello da sostituire agli altri, ma un tipo di intervento, per certi aspetti originale e innovativo per creare e gestire il cambiamento, che, partendo da una teoria avanzata, da diversi contributi scientifici e dalla sperimentazione su numerosi casi, rappresenta un nuovo modo di porsi rispetto alle realtà aziendali e organizzative, un approccio che permette di costruire interventi rigorosi e sistematici sulla base degli obiettivi da raggiungere.
Secondo la nostra esperienza (oltre 2.000 interventi), nelle aziende in cui siamo intervenuti – dalle grandi organizzazioni e istituzioni come l’Esercito, alle realtà sanitarie, alle cooperative, alle imprese industriali, alle società finanziarie, fino alle piccole e medie aziende a carattere familiare – i problemi possono essere anche molto diversi e complessi, ma, non per questo, richiedono necessariamente lunghe e complicate strategie di soluzione.
Il nostro intento vuole essere quello di guidare il lettore alla scoperta di quell’affascinante «arte» che è il risolvere complicati problemi in azienda, mediante soluzioni apparentemente semplici.
Per chiarire meglio come si realizza un intervento strategico nei contesti aziendali e quale sia l’efficacia ed efficienza della nostra metodologia d’intervento vi invitiamo a VISITARE LE PAGINE DEDICATE AL MODELLO dove potrete confrontarvi con alcuni casi concreti che riteniamo emblematici di problematiche frequenti nelle aziende italiane e nel mondo delle organizzazioni.
I casi trattati, vi daranno evidenza dell’assoluta trasversalità di applicazione del Problem solving strategico a problematiche aziendali diverse, il tutto per avvalorare la tesi che il nostro Modello non risolve solo temi legati alle dinamiche psicologiche e di interazione tra persone, ma anche problemi di natura più tecnica, poiché è un modello per la soluzione di problemi di qualunque forma e tipologia: un sistema che guida a cambiare il modo di pensare e agire che alimenta la persistenza e la complicazione dei problemi.
Nardone Model COUNSEL COACHING STRATEGICO ® 35, 41, 44 ( Nice Classification )
(Copyright © di M. Cristina Nardone)
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