
” Burn out ” è un termine di origine inglese che letteralmente significa “bruciato”, “esaurito” o “scoppiato”.
Chi svolge una “professione di aiuto” ma ancor di più chi lavora in emergenza da tempo è spesso a rischio ‘burnout’ che fanno passare la persona da dispensatrice di aiuto a richiedente cure e sostegno.
In special modo il personale sanitario coinvolto in settori critici come il Pronto Soccorso, le Rianimazioni e le terapie intensive ha un inevitabile e quotidiano coinvolgimento emozionale. Solo chi conosce l’Emergenza può capire cosa si prova davvero lavorando per molti anni in Area Critica. Vi è un alternarsi di emozioni contrastanti, quando si è giovani sembra che nulla possa turbare, ci si sente invincibili quasi in veste di supereroi. L’emergenza, l’urgenza, l’adrenalina diventa quasi uno stato emotivo che si ricerca giorno dopo giorno.
Quando si è giovani medici ed infermieri, sembra quasi, che tutto ciò che accade non possa mai riguardarci così da vicino, quasi come se succedesse solo ad altri di stare male e di subire incidenti. Poi si cresce e si incominciano a percepire tensioni emotive, paura, incapacità a volte bloccate, paura di prendere delle decisioni sbagliate, ma comunque le decisioni per gli altri si devono prendere ed anche abbastanza velocemente; decisioni che riguardano spesso la vita delle persone. Poi ci sono le implicazioni relazionali nei gruppi di lavoro tra colleghi o superiori, e ancora le pratiche burocratiche da svolgere in funzione del nostro ruolo e del sistema organizzativo nel quale lo si svolge. Tutti chiedono la nostra massima prestazione! Ma dentro noi l’alternarsi di paura rabbia e dolore è veloce, come veloce e incalzante è il ritmo dei turni di lavoro in emergenza.
Eccoci! siamo nel momento in cui fare i conti con il nostro “squilibrio emotivo”, tra richieste e risorse, tra ideale e realtà, tra ciò che andrebbe fatto e le nostre possibilità di rispondere ai bisogni, siamo sul punto di romperci, di sentire quella vocina dentro che dice: “Non ce la faccio più!” quante volte lo avete detto o sentito dire? A volte lo stress diviene così alto da farci sentire esauriti, scarichi, frustrati, incapaci di rispondere anche alla più piccola richiesta di chiunque.
Possiamo scoprire che lo stress non è un ostacolo da abbattere ma si può, grazie ad alcune tecniche strategiche, trasformarlo nella forza motrice più potente.
A conoscere i livelli delle emozioni di base (1.sane-performative; 2 allarme; 3 patologica), per poi riconoscerle quando le sentiamo e, sulle quali posare l’attenzione per prevenire il peggio.
Al come un essere umano sviluppa resilienza imparando a gestire l’emozioni che prova invece che subirle. A gestire e risolvere problemi con nuove “apparentemente” semplici soluzioni da applicare.
Infine, diventare come le nuvole: farci trasportare dai venti spensierati ma in grado di sopportare il peso della pioggia e il frastuono dei tuoni.
Impossibile?
No, se si hanno strumenti, un Metodo scientifico come il Counsel Coaching Strategico che ci permette di cambiare la percezione dei vissuti, poiché noi non soffriamo per i fatti ma per la rappresentazione che noi abbiamo dei fatti. Lo stress viene da dentro; è la tua reazione alle circostanze, non le circostanze stesse. “Se sei finito dipende dal tuo punto di vista: cambia questa opinione e diventa infinito”.
L’intervento strategico sarà utile alla persona nell’imparare a gestire le proprie sensazioni di base bloccate come la rabbia, il dolore, il senso di colpa.
Il messaggio che desidero trasmettere al lettore è di non aver paura di chieder aiuto, di non fuggire i propri disagi e le proprie difficoltà, perché una soluzione esiste per ogni problema.
Parti di testo tratto da: L’Infermiere Strategico
Saggi di Counsel Coaching Strategico
Collana diretta da Maria Cristina Nardone
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